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Il reliquiario di Sant'Agata
Giovanni di Bartolo, orafo Senese della seconda metà del trecento viene attribuito il busto reliquiario di Sant'Agata, vera e propria testimonianza di una Sicilia depositaria di valori simbolico politici: l'oro il colore del sacro e del potere arrivano a far diventare l'oreficeria e i metalli prezionsi status simbol di quell'epoca. Un'importante elemento di riflessione diventa dunque, l'inesistenza di barriere e confini fra l'arte orafa e le altre arti figurative, la figura dell'orafo e dello scultore diventa priva di barriere e confini in modo da dare nel successivo rinascimento una generazione di scultori e di pittori che nasce nelle bottege orafe toscane. Il busto ieratico e frontale della Sant'Agata, in argento smaltato, poggia su un fastoso piedistallo ed è tagliato posco sotto la vita. Lo fiancheggiano due angeli inginocchiati. La donna indossa un ricchissimo manto aperto sul d'avanti ed ornato di tralci di vite e ghirlande di fiori parzialmente smaltati. L'effetto cromatico è accresciuto dagli incarnati, un tempo smaltati su cui è stata distesa una coloritura naturalistica. Uno sportello munito di cerniere, permette una periodica ispezione dei resti. Il busto reliquario è attualmente sostenuto da una base Cinquecentesca su cui poggia un piedistallo ad ottagono allargato su due lati da due mensoline. In questa zona l'autore ha posto una lunga iscrizione in lettere gotiche su smalto azzurro:
Virginis istud opus Agathae sub nomine coeptum / Martilias fuerat quo tempore praesul in Urbe / Cataniae cui pastor succesit Helias: / ambos lemovicum clare produxerat arbor / artificis manus hoc fabricabit Marte Foanne / Bartolus et genitor celebrit cui patria Sene / Mille ter et centum post partum Virginis almae / et decies septem sestoq. Fluntibus annis.
Poco sopra una serie di otto placche traslucide commentano le fasi storiche del reliquiario: le armi degli aragona (allora regnati di sicilia), della citta di catania, del Papa, dei due vescovi committenti e le immaggini di Santa Caterina d'Alessandria e Santa Lucia. Vi sono poi due placche rettangolari che ritraggono i vescovi Marziale e Elia inginocchiati nell'atto di pregare la santa. Il primo commissionò l'opera ed il secondo la fece arrivare a compimento nel 1376.
Sant'Agata
Il busto reliquario di Sant'Agata, ad oggi conservato nel duomo di Catania, rappresenta l'unica opera certa di giovanni di Bartolo. La fortuna critica di questo tipo di oreficeria è relativamente modesta; risale alla fine dell'ottocento, anche per merito del canonico Castorina, bibliotecaio dell'università di Catania che il 24 agosto del 1877 scriveva dell'opera a Canron di Avignone. Il primo a collegare l'opera a Giovanni di Bartolo fu il Mutzh che nel penultimo decennio dell'ottocento stava studiando i documenti avignonesi.
Particolari in smalto del Reliquiario
I particolari delle figure in smalto mostrano un'effetto lussuoso che giovanni di Bartolo raggiunge con l'unione dello smalto dipinto e delle gemme, tecnica estranea all'oreficeria Senese, della quale il di Bartolo proveniva, ma presente nella più ricca produzione francese tardo trecentesca a cui l'orafo toscano sembra rifarsi.