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E' un fine autunno gelido, filtrato di nebbie e nevischio; la Tuileries immobile aspetta l'evento. E' il leggendario 2 dicembre 1804. A Notre Dame, al cospetto di Pio VII, Napoleone si autoincorona imperatore di Francia. E con lui la moglie Giuseppina: la larga schiera di parenti ormai di sangue blu, la nuova gerarchia blasonata, il nuovo Gotha politico gli fanno ala. L'alta parata riporta in auge, con un colpo di bacchetta magica, la gioielleria francese. Segni della ripresa di erano già avuti nel 1779 con Napoleone console. Decori e atteggiamenti imposti dalla grande paura infatti già lentamente scompaiono. Via le acconciature "à la victime", con capelli alti sulla nuca e riccioli rovesciati sulla fronte a memoria delle esecuzioni; via il nastro rosso attorno al collo nudo delle signore; via i monili in metallo non di pregio con macabre figurazioni di ghigliottine e simboli rivoluzionari dai cabochon di smalto tricolore alle coccarde; via i crocefissi di legno appannaggio dei preti. Fautori di questi monili sinistri gli stessi aristocratici, i sopravvissuti, così disinvolti con la storia del momento da dare addirittura balli "à la victime" ai quali interviene solo chi può dimostrare di avere avuto un parente ghigliottinato. Ristabilite le finanze e rinforzato il potere, è giocoforza tornare allo sfarzo, tanto più che Bonaparte ama i gioielli e che Giuseppina li adora, con stravaganza e sfrontata bramosia. Escono dall'ombra molti degli orafi della corte di Luigi XVI, riportando alla ribalta quel secolo XVIII predestinato ai ritorni, tanto è viscerale la nostalgia di "grandeur" che la Francia si porta dentro. Ma lo stile neoclassico dell'abbigliamento lascia ancora poco spazio al gioiello. Grande favore godono i sautoires", catene da collo e da vita che alternano placche d'oro scolpito a smalti, legate ad altre catene, il tutto complicato come un labirinto. Ci si sbizzarrisce negli orecchini a pendente, negli anelli che si indossano su tutte le dita, anche dei piedi. Madame Tallien si presenta alla Tuileries, sostenuta da un paggio negro, con sei anelli con zaffiri ai piedi, otto alle mani, due cerchi d'oro alle caviglie, diciotto alle braccia, una fascia in fronte intessuta di rubini. Torna dunque irresistibile la moda delle pietre preziose e dei magici diamanti; sfoggiarli oramai non pregiudica ma promuove. Napoleone anela il possesso dei gioielli della Corona andati dispersi nel 1792. Confisca tutto ciò che resta e che trova di quel patrimonio avviato da Francesco I partendo da smeraldi e perle e ne fa fare Il "parures" per l'incoronazione. Tra gli orafi da lui più apprezzati, Etienne Nitot al quale commissiona anche la tiara d'oro e pietre preziose di cui farà dono a Pio VII. Già nel 1797 Bonaparte riesce ad impadronirsi del Régent, diamante da 140 carati, già di Philippe d'Orléans e poi scomparso con la Rivoluzione. Napoleone lo impegnerà per finanziare la campagna d'Italia e poi, riscattato, lo fa incastonare nella spada reale. Il diadema di Giuseppina è uno sfolgorante tripudio di 1040 diamanti, per un totale di oltre 250 carati. Se i diamanti appagano, i cammei fanno moda. Decorano,"parures", fibbie, cinture, Paolina Borghese li blasona incorniciandoli con diamanti purissimi montati a pavé. L'artista é Robert Lefebvre. Alla nascita dei figlio, il Re di Roma, Bonaparte ricopre di gioielli la seconda moglie, Maria Luisa D'Austria. Tra i doni, una stupenda collana di diamanti di 275 carati. Molti di questi gioielli accompagneranno l'imperatrice nella sua fuga da Parigi verso il suo nuovo destino di duchessa di Parma. Ma la gemma più amata da Napoleone resta un brillante di 34 carati, il Napoléon, che fa incastonare sulla spada per le nozze con Giuseppina. Lo segue nelle battaglie gloriose, è il suo talismano. Lo perde a Waterloo, assieme all'Impero. Sparito Napoleone, dopo alcuni, anni di austerità l'arte orafa torna a risplendere. Continua l'attualità dei monili di ferro, arte nata in Germania e che Bonaparte, conquistata Berlino, trafugò razziando forme e formule della Royal Berlin Factóry francesizzandone lo stile. Con la Restaurazione si riscopre il fascino dell'antica gioielleria romana, ma la ripresa è lenta. Luigi XVIII, voglioso di rigore e oberato di finanze in difficoltà, si dimostra alquanto indifferente verso le arti maggiori o minori che siano. Tuttavia fa rielaborare quanto resta del tesoro di Napoleone dal gioielliere Bapst, tornando agli stili dei XVIII secolo, come a dire che Napoleone e il suo tempo non sono mai esistiti. Ma c'è sempre, in una corte, chi adora il gioiello fastoso, come la duchessa di Barry che trasmetteva tutte le aristocratiche la febbre del diamante e le trascina in quella che è la sua battaglia personale contro lo stampaggio a macchina del gioiello, tecnica nata in Inghilterra, ma già approdata in continente: l'automatismo dei semilavorati, favorito da un mercato in espansione anche se non sempre d'élite, che urge sull'artigianato artistico. Nel 1824 sale al trono Carlo X. Capita che per il battesimo del duca di Bordeaux, l'architetto Hittorf decori la cattedrale di Parigi ispirandosi al gotico. Esplode la passione per "le decor à la cathédrale". La duchessa di Barry l'appoggia scegliendo gioielli e oggetti da tavola in questo stile da saga. Famoso il suo servizio da tè commissionato a Fauconnier e scolpito da Barye. Maestro per eccellenza di questa visione gotica è Fromen-Meurice che preferisce disegnare più che eseguire manualmente i gioielli. Dalla sua ispirazione nascono pittoresche scene vissute, permeate di fiaba. Amico di Victor Hugo, è salutato come il nuovo Benvenuto Cellini da Balzac e da Eugène Sue ai quali fornisce soprammobili e gioielli. La Rivoluzione del 1848 fa tacere, per un certo tempo, ispirazione e desideri. Con il Secondo Impero e con Napoleone III, eletto nel 1852, torna il gusto dei prezioso, dei costoso, dei firmato. Tornano quindi pietre preziose e diamanti. La Francia si desta e si sublima nel gusto dell'imperatrice Eugenia che ha la passione delle perle, diamanti, della ricca fantasia creativa dei XVIII secolo, dello stile di Luigi XVI, dello sfarzo della corte di Napoleone. Tutti i gioielli della Corona vengono fatti ricomporre a somiglianza di quelli di Maria Antonietta. Louis Franicoise Cartier è il suo fornitore prediletto. Ma nel 1870 Napoleone III è deposto, la Terza Repubblica stende un velo d'oblio su lusso e ostentazione. La gioielleria minore cerca forme nuove saccheggiando i simboli della rivoluzione industriale. Il gusto femminile, alimentato dai grandi periodici dell'epoca, chiede e aspetta novità a getto continuo. Risponde sollecita l'industria con una produzione orafa rapida conveniente, abbondante, ma non di rado scoordinata. La passione per il lusso si estende; le attività artigiane si trasformano; nascono sodalizi artistico-commerciali, antesignani delle attuali grandi Case orafe. |
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